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Mare Nostrum
Una banca per le imprese
del Nord e Sud Mediterraneo
di CLAUDIO F. FAVA
Cresce la preoccupazione per la frenata ai consumi non primari dei ceti medi.
La voglia di dimenticare l’11 Settembre è più grande della capacità di creare un nuovo post-11 Settembre, frutto del ventre spesso molle della classe sociale medio-alta, dei nuovi ricchi e dei vecchi politicanti, sia in Europa che nel mondo.
La cultura, la conoscenza del mondo arabo da parte delle nuove generazioni politiche ed imprenditoriali è offuscata, mentre la conoscenza del mondo occidentale da parte delle varie popolazioni che fanno riferimento alla religione islamica è distorta.
La massa di queste popolazioni nei paesi occidentali è composta da famiglie povere, in cerca di un avvenire per i propri figli ne più ne meno di come facevano i nostri emigranti negli anni a cavallo tra la prima e la seconda guerra mondiale.
Poi ci sono quelli che sono rimasti nei paesi d’origine e quindi non hanno conosciuto direttamente i tanti difetti del nostro mondo ma anche i tantissimi pregi di vivere in un Paese o una serie di Paesi dove spesso la democrazia è imperfetta, non mascherata.
A questo punto e prima di entrare nella valutazione dello strumento Banca del Mediterraneo, ben più di un anelito di speranza, termino la breve ma consapevole analisi concludendo che, nel ripetersi ciclico della storia, della ricerca da parte degli uomini di un avvenire migliore, la “convivenza”, la ricerca della comprensione, che non è cosa gratuita, ma è una “azione”, è una strada obbligata e per questo va favorita.
Grazie ad un gruppo di persone impegnate nel mondo imprenditoriale, economico e culturale, non ancora politico, di realtà europee, nord-africane, mediorientali incluse quelle israeliane, sta nascendo una proposta concreta per integrare “sul campo” le esigenze di sviluppo seguendo l’iter delle Development Banks di recente memoria.
A latere ma non in concorrenza con BEI, BIRS, WORLD BANK, ISRAELI DEVELOPMENT BANK, uno studio promosso da una importante Banca di Affari Tedesca e realizzato da tecnici con particolare skill professionale indispensabile in una struttura così esigente in quanto a cultura sociale e wise-mind, è stata lanciata la Banca del Mediterraneo.
Il suo oggetto è quello di fare profitto, non è certo una “organizzazione non governativa”, ma deve fare profitto favorendo imprese comuni tra paesi dei due blocchi del Mediterraneo, quello Settentrionale e quello Meridionale.
Concetto nuovo ma necessario da comprendere bene nei suoi più profondi significati.
Molti Governi, tra i quali il nostro impegnato però in altre attività in questo momento di pre-campagna elettorale, vedrebbero con favore un’integrazione basata su joint-ventures di medie iniziative (sotto i 50 milioni di Euro) tra investitori associati di appunto diversi paesi del Mediterraneo, aiutati da un obiettivo d’impresa comune.
Questa politica non contrasterebbe con quella dell’Europa, soprattutto dopo aver allargato i propri aderenti al numero di 25 e non contrasterebbe con la comune politica che il Mediterraneo ispira, vedi Congresso di Barcellona e Convegno di Napoli, fautori di una vera e propria unificazione delle politiche dei Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum.
I vantaggi del successo, non ancora decantati appieno dal mondo politico europeo rispetto a quello americano ed arabo, sarebbero di tre principali categorie.
La prima di creare imprese in joint-venture o partneriato, a due ore dal centro dell’Europa senza bisogno di andare in Vietnam, ultima moda degli shark-investors (imprenditori- squalo).
La seconda è scambiare esperienze nella crescita dei mercati, creando sviluppo ed occupazione ed aumentando il PIL mediterraneo.
La terza di conoscenza, una semplice parola che può essere l’anticamera della condivisione di principi non propri ma spesso comuni a famiglie, valori, culto, presenti in tutte le popolazioni che fanno capo alle religioni prevalenti sia nel mondo occidentale che in quello mediorientale.
Certo il futuro è un concetto molto personale, ognuno dei lettori che avrà avuto la curiosità di leggere questo approfondimento, intenderà un numero diverso che identifichi il futuro “per se”. Personalmente, avendo vissuto anche nei paesi arabi, avendone studiato la lingua e conoscendo tante famiglie appartenenti a tante nazioni arabe diverse, penso che, costituita nel 2005, la Banca del Mediterraneo potrà cambiare il futuro dei nostri figli, in meglio, così come quelli degli altri paesi del Mediterraneo, a partire dalle prime 50 iniziative, cioè dal quarto anno di attività in poi secondo il Business Plan realizzato ad oggi.
Cosa si può volere di più da una Business Development Bank multietnica per vivere “insieme”?
Gli sforzi messi in atto dalla Conferenza di Barcellona risultano particolarmente significativi alla luce di alcuni indicatori macroeconomici che marcano le differenze tra il sistema economico dell’Unione europea e quelli dei Paesi Terzi del Mediterraneo (PTM). L’obiettivo di costituire entro il 2010 una zona di libero scambio, infatti, è arduo se riferito allo squilibrio economico tra le due regioni, ma allo steso tempo promettente se riferito alla pressione demografica presente nell’area, all’allargamento dei mercati e alla crescita economica presente in alcuni paesi.Dal punto di vista demografico, come risulta dalla tabella che precede, la popolazione dei PTM è di circa 225 milioni di persone. Se si considerano i paesi membri dell’Unione, i paesi candidati all’adesione e i Paesi Terzi del Mediterraneo come parte di una grande regione euro-mediterranea caratterizzata da un’area di libero scambio, questa interesserebbe circa 700 milioni di persone. |
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