CHARTA MINUTA


   
 
 
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Ripresa: il muro da abbattere è la burocrazia

di CLAUDIO F. FAVA

Perché abbia successo una nuova legge ha bisogno di 4 elementi.
Per prima cosa che sia utile. E’ necessario che l’istituto legislativo risponda effettivamente e in modo diffuso alle esigenze a cui è diretta.
Poi, che abbia una regolamentazione chiara, che vi sia un attento coordinamento con le altre norme vigenti ed infine che ne venga diffusa la conoscenza presso gli operatori del settore.
Per quanto riguarda il Project Financing che rappresenta il 50% circa di tutti gli interventi raggruppati nelle iniziative del Partnariato Pubblico Privato, in base all’Articolo 37bis della legge N° 109/94, il settore privato può farsi promotore di un’opera pubblica, presentando ad una Pubblica Amministrazione uno specifico progetto infrastrutturale relativo ad un’opera che sia però già stata inserita nel programma triennale di investimenti dell’Amministrazione.
Il tutto viene disciplinato in due fasi:
- la fase uno disciplinata dall’Art. 37bis prevede la pubblicazione di un avviso di selezione di proposte da realizzare con risorse a carico di promotori privati. Tali proposte dovranno essere presentate entro il 30 giugno di ogni anno;
- la fase due disciplinata dall’Art. 37quater prevede il lancio di una gara da parte della stazione appaltante, avente come base il progetto presentato dal promotore nella fase uno, con l’obiettivo di selezionare, con la procedura negoziata, le due migliori offerte in concorrenza fra di loro e il promotore.
Simile al Project Financing, ma disciplinata dall’Ex Art.19/comma2 Legge N° 109/94, è la procedura della concessione avente per oggetto la progettazione, costruzione e gestione di un’opera che verrà finanziata dai proventi della gestione ricavati dalla erogazione dei servizi da parte della vincitrice del bando di gara.
Sulla base di quanto sopra e prima di affrontare la proposta di programma che ci riguarda, osserviamo i dati dell’Osservatorio Nazionale sul Project Financing desunti dall’Unità Tecnica di Finanza di Progetto, organo consultivo delle Aziende Pubbliche del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Nel secondo trimestre del 2005 le iniziative di Project Financing risultano essere circa il 50% del totale delle iniziative PPP (Partnariato Pubblico Privato) che sono state 623 per un totale di 4,2 milioni di euro, pressoché raddoppiate rispetto al primo trimestre dello stesso anno.
La parte del leone delle iniziative conferma l’interesse per le opere medio-piccole (cioè di importo inferiore ai 5 milioni di euro) anche se la legge del Project Financing è nata principalmente per favorire le grandi iniziative, per consentire al Governo di recuperare il gap strutturale delle infrastrutture del nostro Paese nell’area logistica, energetica ed idrica.
Mentre INFRASTRUTTURE SPA, trova difficoltà, come del resto lo STRETTO DI MESSINA SPA per il Ponte sullo Stretto, a trovare un congruo numero di competitors, per la prima volta il Sud, il Mezzogiorno d’Italia si colloca al primo posto nella classifica numerica che riguarda le iniziative ad importo medio più basso, circa il 50%.
Dal ’94 ad oggi, dalla Legge Obiettivo del Ministro Lunardi del 2001 ad oggi, dal tentativo di coordinamento della CEE attraverso il Libro Verde sul PPP al rapporto Mc Creevy del 2004, al documento di lavoro dello Staff della Commissione del Maggio 2005, un numero considerevole di interlocutori afferma che la sovrabbondanza di norme applicabili al PPP ed al Project Financing, che riempiono solamente nei titoli cinque pagine di appendice alla relazione della Commissione stessa, crea un muro di diffidenza da parte delle piccole e medie imprese, dei promoters spesso giovani in età, ma ricchi di iniziative e creatività che vengono scoraggiati.
Proprio l’opposto per cui il Project Financing è nato!
In una recente statistica abbiamo appreso che in altri paesi d’Europa per ottenere l’autorizzazione per una nuova attività professionale imprenditoriale occorre meno di un giorno (in Islanda meno di 20 minuti).
Con le prospettive che la globalizzazione sta svelando al nostro sistema lavorativo in generale, non varrebbe la pena semplificare dove serve e cioè dove è prioritario creare ricchezza?
IL Project Financing a dieci anni dalla nascita, legge N° 109/94 ed a cinque anni dalla Legge Obiettivo del Ministro Lunardi, 2001, langue. Complicata da centinaia di norme, modifiche, risvolti, appendici, anziché lanciare il privato nel recupero del gap infrastrutturale del nostro Paese, come ha verificato la stessa società Infrastrutture SpA, l’istituto presieduto da Andrea Monorchio, il Project Financing sta rendendo meno di quanto ci si aspettasse.
Perché?
E che aiuto potrebbe dare la creazione del Ministero dell’Energia Alternativa, con l’ausilio del Project Financing?
Lo sviluppo del PPP (Partneriato Pubblico Privato) che comprende il Know-How del Project Financing va esaminato sotto un rilevante numero di aspetti che debbono necessariamente essere inquadrati in un contesto politico economico internazionale prima ancora che nazionale.
Innanzitutto, perché oggi le aziende italiane non vanno all’estero per produrre solo perché la manodopera costa meno.
Sarebbe ingiusto e riduttivo.

Capire
Le aziende non vanno in Cina per acquisire il mercato cinese creando quei ciclopi che sognano i sindacati, in termini di occupazione di massa, in Italia.
Oggi gli imprenditori vanno, se pur con diffidenza, a fare quello che “capiscono”.
Poi dato che si giocano in proprio la solidità, la consistenza ed il futuro dei propri capitali delle proprie famiglie, dei propri tecnici, dei patrimoni affidati a loro dagli “ignorant financial market”, cioè i capitali senza “cervello” ma non per offesa, decidono di creare una struttura produttiva in Romania, Indonesia o Argentina, in base a pochi ma fondamentali principi. Il primo è determinato dal vantaggio economico competitivo, il secondo dalla semplicità delle regole che determinano l’accesso al mercato.
E in tante nazioni dietro e fra poco di fianco a noi, pur nella loro incompetenza che a volte sa di “jungla”, le regole di chi investe sono chiare.
“Cosa debbo fare per insediare una unità produttiva qui?”
“Quante tasse debbo pagare?”
“Che aiuti ci sono?”
Colaninno in quattro viaggi in Cina sta realizzando una realtà operativa per acquisire il 25% di vendita delle due ruote sul mercato cinese dei prossimi 50 anni.
Mercato da oltre 15 miliardi di euro globali.
A dar retta ai servizi televisivi nazionali, sembra che noi italiani abbiamo scoperto la Cina quando Marzano e Montezemolo vi sono andati in missione congiunta nel 2005, come se Marco Polo fosse peruviano.

Semplificare
Ma il problema della Finanza del PPP, del Project Financing del quale si lamenta anche Monorchio presidente ISPA e grande conoscitore dei meccanismi di controllo della spesa pubblica, non è e non può essere avulso dal grande cancro che sta avanzando, tra le tante cose buone, dall’Europa.
O meglio dal governo dell’Europa.
La norma. L’eccesso di norme. Le modifiche delle norme, la bis, la tris, la quater. Nell’ultima osservazione al libro verde della CEE del Luglio 2005, quast’anno, anche a seguito dell’ottimo rapporto Mc Creeny sulla consultazione relativa al PPP, vengono fuori delle incongruenze. Parte di esse sono inevitabili, altre dipendono proprio dalle abitudini del nostro “apparato intelligente” di studiosi nella Pubblica Amministrazione e quindi nelle Istituzioni, di prevedere tutto, sapere molto ed avere esperienza di poco.
Il mondo intanto fra globalizzazione ed allargamento dell’Europa, deregulation del W.T.O. e devolution interna, sta tendendo una trappola nella quale, ahimé, ci stiamo cadendo, piano piano, da soli.
Troppe norme per il Project Financing : europee, nazionali, regionali, di settore. Troppe voci in contraddizione tra Consiglio di Stato, Corte dei Conti, T.A.R., Tribunale Ordinario, Corte Costituzionale.
E quando mai un progetto in Project Financing può partire nel senso vero: tra 5 o 10 anni? E fra 10 anni quale governo, provincia, regione vedrà cosa è realmente successo e di chi è l’eventuale responsabilità di un insuccesso?
Occorre semplificare. Non semplicizzare, allargare le maglie del controllo o banalizzare. Cercare di evitare l’insorgere dello Step in Right, ovvero del cambio di cavallo in corsa per default del contratto.
Occorre adeguare quel grande strumento di coinvolgimento del Capitale Privato nell’Infrastruttura Pubblica con risvolti di interesse sociale, ma non solo limitata ad esso, che è il Project Financing. Strumento ormai maturo avendo una storia di oltre 5 anni alle proprie spalle. Nel bene e nel male, questa storia rappresenta comunque un asset di “Project maturity to be implemented” che non può essere dimenticato.
Lo sviluppo economico del Paese ha bisogno di maggiori investimenti, richiediamo quindi di semplificare le linee guida del Project Financing con la proposta del privato, la messa a punto delle specifiche di realizzazione contrattuali e tecniche, l’aiuto eventuale finanziario (così detto Project Financing tiepido) in alternativa al diritto di prelazione sul rinnovo della concessione. Diamo ai Concedenti, che hanno sempre una responsabilità pubblica, il compito di giocarsi la faccia, la carriera, il consenso sull’applicazione delle regole degli appalti in base al Codice Italiano, in merito alla Legge 109/94, le varianti, l’Articolo 37 e quanto sappiamo che già esiste ed è a conoscenza dell’Authority sui Lavori Pubblici, organo consultivo che va sfruttato di più, in chiave propositiva e con parametri vincolanti.

Internazionalizzare
Ormai, chi non vede il divario fra Europa del Nord e Mediterraneo, che comprende anche l’Italia del Sud, è bene che cominci a fare nuovi corsi di geografia, perché ancorché i confini indichino aree geopolitiche, ben altre sono le differenziazioni tra popoli e popoli, mercati e mercati, culture e culture. Questo divario cresce sempre di più e senza la visione moderna di dialogo di sviluppo intermediterraneo, senza creare una comunione di obiettivi legati proprio al Mediterraneo in quanto fonte di equilibrio ambientale comune a tutti i popoli che vi si affacciano, non vi sarà possibilità di fronteggiare isolatamente la concorrenza rappresentata dai mercati mondiali come il Brasile e la Cina che sono ricchi di risorse ed offrono manodopera a costo ultra competitiva. In questo scenario il project financing per le opere di interesse comune può svolgere un ruolo concreto.

Specializzare
I primi Project Financing sono nati nell’energia, dove a fronte di una concessione di lungo periodo da parte dello Stato, il Promoter o meglio la Società di estrazione, costruiva efficienti impianti per distribuire, con beneficio di tutti, idrocarburi provenienti dal giacimento o elettricità delle centrali idroelettriche.
Oggi con il petrolio che ha messo la prua verso i 100 dollari al barile, il Project Financing potrebbe rappresentare un enorme volano per la produzione di energie alternative.
La costituzione quindi di un Ministero per l’Energia Alternativa, nel prossimo Governo, non sarebbe solo un segnale politico o sociale ma, attraverso micro-project-financing nelle oltre 10 tipologie di fonti energetiche e rinnovabili tra le quali i Promoters troverebbero ideale collocazione specie se giovani imprenditori del nostro Paese, dal Nord al Centro al Sud d’Italia, darebbe slancio alla creazione di una miriade di piccole centrali, alternative al petrolio e quindi ideali per contribuire all’alleggerimento del deficit d’importazione energetica.
Sarebbe un segnale forte, chiaro ed indispensabili che, oggi, tutto il Paese capirebbe.
Ma per fare tutto ciò occorre, per riepilogare, utilizzare meglio le Authority, semplificare le procedure e facilitare la fase propositiva dei Promoters, italiani ed internazionali.
Una disciplina del Project Financing più essenziale, più vicina al mondo reale imprenditoriale può avere degli indiscutibili riflessi sull’occupazione, sull’ammodernamento delle strutture e non solo delle infrastrutture, sulla valorizzazione del Patrimonio Pubblico, sulle opportunità date ai giovani di creare impresa nel Mezzogiorno, sullo sviluppo dell’Energia Alternativa Diffusa.

 

   
  Agosto-Settembre 2005
Pag. 33-36