DOSSIER EUROPA N.38


   
 
 
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AFRICA: Micro-imprese per una grande crescita

di CLAUDIO F. FAVA
Vicepresidente dell’Associazione Banca dei Progetti Onlus

La nostra missione è di promuovere iniziative assistenziali avviando la formazione delle capacità produttive locali. Dopo un periodo di quasi totale indifferenza dovuta soprattutto agli avvenimenti internazionali che hanno interessato altri scacchieri mondiali - Stati Uniti, Balcani, Medio ed Estremo Oriente -, l’Africa sembra riacquistare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale, comunque sempre minima rispetto alle grandi tragedie cui vanno incontro i suoi moltissimi popoli per guerre tribali, malattie, povertà, fame. È possibile migliorare le condizioni di quelle popolazioni?
Oltre diciotto ordini religiosi, duecentosessanta iniziative laiche, cinquanta ambasciate e consolati, venticinque nunziature apostoliche e migliaia di imprese italiane dislocate in Africa, impegnano il sistema produttivo italiano a coordinare meglio le risorse per i giovani africani, possibilmente in linea con le indicazioni del direttore generale della Banca Mondiale, e quindi dirette a ridurre le dimensioni degli investimenti moltiplicando il numero degli stessi.
E’ proprio questa la “mission” dell’Associazione Banca dei Progetti Onlus, della quale è Presidente Onorario il Cardinale Ersilio Tonini, che ha lo scopo di creare nei paesi africani una miriade di piccole attività produttive e formative capaci di favorirne lo sviluppo economico, sociale e culturale, Essa raccoglie i contributi destinati alla realizzazione di programmi di formazione dei popoli africani e provvede alla loro attuazione attraverso l'effettiva adozione dei singoli progetti.
Adottare un progetto per far “crescere” l'Africa, infatti, significa da una parte dare l'opportunità ai lavoratori africani coinvolti di soddisfare le proprie esigenze vitali, dall' altra fornire loro un bagaglio culturale altrimenti assente, che li renda autonomi anche al venir meno degli interventi formativi ed economici di sostegno.
Sull'Italia, in quanto Paese confinante con il continente africano, grava una responsabilità mag­giore nell' esperimento di azioni di solidarietà. Le iniziative assistenziali in Africa non possono non essere affiancate da un intervento più efficace e lungimirante, diretto alla realizzazione di due obiettivi fondamentali: la promozione dell' attività produttiva della popolazione africana, attuabile attraverso lo sviluppo e il potenziamento delle capacità imprenditoriali locali con il contributo di associazioni di imprese italiane, di aziende di produzione e di fondazioni bancarie; e l'elevazione della cultura universi­taria africana attraverso il sostegno degli sforzi delle nuove libere università che stanno sorgendo in vari paesi africani.
L’analisi storica suggerisce che una cosa sono i rapporti istituzionali fra i governi e un’altra i suggerimenti dati da chi vive, opera e conosce le micro-realtà locali nel contesto sociale ed economico considerato. Il massimo del risultato si avrebbe dall’integrazione o dal completamento tra le politiche di realizzazione delle infrastrutture e le unità operative, sia di assistenza che di impresa. In poche parole, acquedotti, energia, viabilità, unicità delle procedure amministrative, certezza del diritto, facciano pure parte degli obiettivi intergovernativi di sviluppo. Ma si lascino alle realtà associative o cooperativistiche locali le risorse per creare impianti di assistenza sanitaria, scuole primarie e di formazione contornate da micro-imprese complete di know-how, che incidano nel tessuto produttivo locale con tecnologie migliori di quelle esistenti, non traumatiche, ma utili a creare falegnami come imprese, carpentieri come imprese, produttori di generi alimentari e cooperative agricole come imprese, in grande quantità e dovunque sia possibile.
“Quante unità lavorative soprattutto giovani, potrebbero essere strappate alla dura legge della sopravvivenza in territori spesso senza alternative di sviluppo sociale?”
Moltiplicando queste attività per le prime venti attività merceologiche di una qualsiasi delle nostre Camere di Commercio, consorzi artigiani o associazioni industriali, troveremo un “moltiplicatore dello sviluppo” che può coinvolgere migliaia di persone con decine di progetti. Progetti piccoli, meno invitanti per la corruzione locale, gestiti da realtà più snelle ma capaci di realizzare iniziative concrete, visibili e quantificabili. In breve, entrare nelle periferie e nei paesi d’Africa con strumenti che siano dei «modelli di riferimento» in mercati diversi tra loro, ma nella stessa condizione di necessità di sviluppo reale. Usufruire in questo contesto delle realtà già esistenti in Africa è certamente consigliabile, per evitare soprattutto di mancare il target dei fruitori di questo ciclo produttivo che, nel tempo, genererà un impiego spontaneo di altri lavoratori. Questi potranno diventare l’ossatura della forza produttiva dei giovani che fra dieci anni avranno famiglia e che, quindi, con un mestiere, con una professione nuova, potranno mantenere le proprie famiglie, nel rispetto delle esigenze umane, quindi cristiane.
Se ogni Camera di Commercio italiana decidesse di esportare in Africa una tecnologia secondo quanto precedentemente espresso, ci sarebbero cento unità produttive da trasferire in altrettante località in Africa e, con il coinvolgimento delle ambasciate e delle nunziature apostoliche in quei paesi, si potrebbero avviare pratiche di snellimento procedurale per rendere meno difficile indirizzare l’enorme solidarietà presente non solo nelle famiglie italiane, ma anche nel mondo imprenditoriale e sociale. Tutto ciò non è impossibile, ma occorre che diventi un quadro di riferimento, un regolamento e, in prospettiva, una legge con il riconoscimento di benefici per i promotori, anche se solo in termini,fiscali.
La mancanza di cultura e spesso di regole organizzative per consentire l’ingresso di aiuti, dai generi alimentari ai medicinali alle attrezzature per la realizzazione di impianti, comporta procedure naturalmente diverse, dazi di importazione spesso senza controllo molto superiori al valore dei beni importati e assenza delle normative per le autorizzazioni, concessioni o licenze d’esercizio di una qualsiasi attività. Per non parlare dei costi smisurati dei trasporti o dei rischi collegati al deposito o alla consegna di macchinari o attrezzature.
Questa consapevolezza ha generato l’idea di un “Portale della Banca dei Progetti”, che vuole essere uno stru­mento di ausilio per persone, aziende o istituzioni che vogliano realiz­zare un'iniziativa nel continente africano. Si vuole creare una vera e propria “mappa della solidarietà in Africa” a disposizione dei privati, degli uffici pubblici, del Ministero del Commercio Estero, della Banca Mondiale e di chiunque abbia interesse a conoscere i flussi economici della solidarietà. In effetti, le numerose iniziative pubbliche e private, laiche e cattoliche dirette verso l’Africa sono disarticolate e per questo, si è deciso di unire tutte le informazioni sulle varie tipologie di difficoltà che ogni iniziativa di aiuti che si rivolge in Africa si trovi ad affrontare, creando così una significativa mappa degli interventi che sono in corso o in progettazione, il tutto riunito in un “Portale” dedicato che sia di supporto e di informazione.

Gli interventi dell’Associazione

Le iniziative dell'Associazione, in atto o in cantiere, sono molteplici. Innanzitutto ben trecento «case per il Burundi» sono state costruite e in larga parte assegnate alle madri con figli a carico e alle vedove delle vittime della guerra civile fra le due etnie Hutu e Tutzi; i cantieri sono ancora in fervida attività per altre centinaia di case, pur se limitati dagli aumenti dei costi. La loro direzione è affidata ai missionari saveriani di Parma i quali hanno provveduto, fra l'altro, alla creazione di scuole di formazione per muratori, falegnami, carpentieri, e alla costruzione nel centro di Kamenge, quartiere interamente distrutto, di un dispensario medico per le assistenze più urgenti.
Altra importante iniziativa dell'Associazione è costituita dall'Ospedale di Wolisso - il Saint Luke Catholic Hospital-, realizzato grazie alla competenza e alla tenacia del nunzio apostolico monsignor Silvano Tomasi, e finanziato in gran parte dalla Sisal, dal San Paolo Imi e dalle Poste Italiane; in esso viene svolta attività ospedaliera prevalentemente pediatrica, che permette ogni anno ad oltre sessanta infermieri di ottenere il diploma.

   
  Dicembre 2006 Pagg. 49 - 50