SPECCHIO
ECONOMICO


   
 
 
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ENERGIA

Infrastrutture elettriche e project financing:
meglio tardi o mai?

di CLAUDIO F. FAVA

Il sistema di trasmissione elettrica è chiamato a rispondere alle diverse esigenze che si presentano nella gestione della rete. Da un lato vi sono le esigenze di approvvigionamento e gestione della sicurezza del sistema elettrico nazionale, Dall’altro le esigenze di ridurre il più possibile i vincoli di rete a favore dello scambio di energia tra le varie aree del Paese, garantendo comunque il rispetto dei requisiti ambientali e sociali e, non ultimo, l’equilibrio di bilancio per i produttori e una riduzione dei prezzi per i consumatori.
Dato il costante incremento della domanda di energia elettrica e l’assenza dell’energia nucleare, nel corso degli ultimi anni si è assistito a un graduale rinnovamento del parco termoelettrico italiano: oltre alla trasformazione in ciclo combinato di centrali elettriche già esistenti, se ne sono aggiunte anche di nuove con la stessa tecnologia, preferita per il basso costo d’impianto, l’alto rendimento e le limitate emissioni inquinanti che la caratterizzano.
In Italia ancora oggi, nonostante le liberalizzazioni ormai avviate da tempo, il settore dell’energia presenta problemi non risolti e diseconomie rilevanti. Infatti i costi energetici nel nostro Paese sono fra i più elevati d’Europa e ciò comporta una perdita di competitività per il sistema produttivo e un peso economico per le famiglie. Ciò dipende essenzialmente da non corrette politiche energetiche attuate in passato, alle quali si sono aggiunte le difficoltà di «accettazione» nel proprio territorio delle infrastrutture da parte dei cittadini che hanno generato la teoria conosciuta come Nimby.

Ciò ha condotto a una cronica dipendenza dall’estero per le fonti primarie di produzione dell’energia, per di più provenienti da aree geopoliticamente instabili. È ovvio che le riforme di mercato da sole non possono portare ai risultati attesi in termini di prezzo e di sicurezza di approvvigionamenti: servono interventi ulteriori che, in settori come quello dell’energia elettrica e del gas nei quali le reti e gli impianti di produzione e di stoccaggio sono fondamentali, incidano anche sulle dotazioni infrastrutturali.
La strategia che un Paese industrializzato deve perseguire è data dalla garanzia di centrali di generazione efficienti, ben dislocate nel territorio e in quantità tale da assicurare il necessario 15 per cento quale margine di riserva, da reti di trasporto di elettricità e gas ben distribuite, tali quindi da limitare le «congestioni», e da reti di distribuzione capillari, tali da assicurare il servizio di fornitura energetica in tutto il territorio.

Queste semplici e, credo, condivisibili considerazioni, assieme alla variabile ambientale oggi imprescindibile da qualsiasi scelta in tema di energia, dovrebbero condurre a una politica energetica che soddisfi i bisogni di un Paese che, come il nostro, deve essere competitivo. E oggi più che mai essere competitivi è una questione ineludibile se vogliamo affrontare con successo il confronto internazionale indotto dai processi di globalizzazione dei mercati: infatti sono cadute da tempo le barriere protezionistiche e non esistono più campioni «nazionali» ma solo «globali».
Un discorso a parte meritano le nuove interconnessioni con l’estero, data la maggiore economicità dell’energia elettrica prodotta dai Paesi confinanti e quindi la necessità di aumentarne al massimo l’apporto. Discorso lento e sottostimato. Le analisi sulle opere concrete avviate mostrano che, a completamento di quelle previste nel Piano di sviluppo della società Terna a breve e a medio termine - innanzitutto l’interconnessione con la Slovenia -, la capacità di importazione nella frontiera settentrionale vedrebbe un incremento di circa mille megawatt, peraltro con un sensibile aumento della sicurezza di esercizio; in particolare nel versante Nord-Est circa l’1 per cento del consumo totale nazionale.

Estendendo, inoltre, l’osservazione alle altre frontiere elettriche della Penisola e delle isole maggiori, potrà risultare fattibile nel lungo periodo la realizzazione di interconnessioni in cavo sottomarino con i Paesi balcanici e il Nord-Africa, con un incremento di import stimabile in ulteriori 2 mila megawatt, sempre che vengano completate le opere di sviluppo della Rete di Trasporto Nazionale previste o allo studio nello stesso arco temporale.
Queste realizzazioni, accelerabili con accordi politici bilaterali, effettuate con il sistema del project-financing determinerebbero una maggiore sicurezza per il sistema elettrico nazionale e internazionale e minore dipendenza del nostro Paese da un ristretto numero di elettrodotti, e porrebbero l’Italia al centro del sistema elettrico europeo, nel ruolo di hub energetico nell’anello mediterraneo - il cosiddetto Med Ring -, la cui realizzazione è fortemente caldeggiata dall’Unione europea.
Infatti lo sviluppo di un sistema elettrico integrato a livello internazionale offre vantaggi in termini di sicurezza degli approvvigionamenti in una fase di continua crescita dei consumi e di scarsità di acqua, grazie alla maggiore disponibilità di energia, alla diversificazione geografica e alla possibilità di un forte supporto tra gli Stati membri. Inoltre consentirebbe all’Italia l’importazione di energia a minor costo, si stima fino al 30 per cento in meno rispetto alla produzione nazionale, a vantaggio di imprese e famiglie e quindi della competitività del Paese. Uno degli investment-market che possiamo offrire agli investitori globali è la possibilità di fare profitto riempiendo la lacuna delle infrastrutture, di ogni tipo, tra ogni confine euro-mediterraneo.

 

   
  Dicembre 2007