SPECCHIO
ECONOMICO


   
 
 
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Africa
Una Speranza chiamata Banca dei Progetti

di CLAUDIO F. FAVA
Vicepresidente della Associazione Banca dei Progetti


Dopo un periodo di quasi indifferenza dovuta soprattutto agli avvenimenti internazionali che hanno interessato altri scacchieri mondiali - Stati Uniti, Balcani, Medio ed Estremo Oriente -, l’Africa sembra riacquistare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale, comunque sempre minima rispetto alle grandi tragedie cui vanno incontro i suoi moltissimi popoli per guerre tribali, malattie, povertà, fame. È possibile migliorare le condizioni di quelle popolazioni? Esiste un’istituzione «non profit», l’Associazione Banca dei Progetti, che ha lo scopo di creare nei Paesi africani una miriade di piccole attività produttive e formative capaci di favorirne lo sviluppo economico, sociale e culturale, e della quale è presidente onorario il cardinale Ersilio Tonini. Ne illustra i programmi e l’attività il vicepresidente Claudio Fava.
Domanda. Come è possibile parlare di Africa in presenza di così tante nazioni, etnie e realtà politiche?
Risposta. Le soluzioni politico-istituzionali dei vari Paesi, soprattutto dell’Africa sub-sahariana e centrale, hanno radici diverse ma hanno prodotto un comun denominatore, cioè una situazione unica. Infatti, a latere dei programmi di cooperazione binazionali, bilaterali o delle organizzazioni internazionali, esistono migliaia di iniziative private sia nell’area laica che cattolica, che incontrano spesso il grande problema della procedura delle attività di aiuto, cooperazione o partecipazione allo sviluppo di attività locali. La mancanza di cultura e spesso di regole organizzative per consentire l’ingresso di aiuti, dai generi alimentari ai medicinali alle attrezzature per la realizzazione di impianti, comporta procedure naturalmente diverse, dazi di importazione spesso senza controllo molto superiori al valore dei beni importati e assenza delle normative per le autorizzazioni, concessioni o licenze d’esercizio di una qualsiasi attività. Per non parlare dei costi smisurati dei trasporti o dei rischi collegati al deposito o alla consegna di macchinari o attrezzature.
D. Come si deve porre, allora, il mondo della solidarietà nelle sue svariate componenti nei confronti di questi problemi?
R. L’analisi storica suggerisce che una cosa sono i rapporti istituzionali fra i Governi e un’altra i suggerimenti dati da chi vive, opera e conosce le micro-realtà locali nel contesto sociale ed economico considerato. Il massimo del risultato si avrebbe dall’integrazione o dal completamento tra le politiche di realizzazione delle infrastrutture e le unità operative, sia di assistenza che di impresa. In poche parole, acquedotti, energia, viabilità, unicità delle procedure amministrative, certezza del diritto, facciano pure parte degli obiettivi intergovernativi di sviluppo. Ma si lascino alle realtà associative o cooperativistiche locali le risorse per creare impianti di assistenza sanitaria, scuole primarie e di formazione contornate da micro-imprese complete di know-how, che incidano nel tessuto produttivo locale con tecnologie migliori di quelle esistenti, non traumatiche, ma utili a creare falegnami come imprese, carpentieri come imprese, produttori di generi alimentari e cooperative agricole come imprese, in grande quantità e dovunque sia possibile. Per fare un esempio, si può ipotizzare di avere a disposizione dei container per la produzione di pasta, pane, ciambelle che utilizzino i prodotti della terra locali, e che siano autonomi per quanto riguarda la generazione di calore attraverso micro caldaie.
D. Quante persone possano lavorare nel ciclo di raccolta, trasformazione e vendita di ognuno di questi panifici? Quante unità lavorative soprattutto giovani, potrebbero essere strappate alla dura legge della sopravvivenza in territori spesso senza alternative di sviluppo sociale?
R. Moltiplichiamo queste attività per le prime venti attività merceologiche di una qualsiasi delle nostre Camere di Commercio, consorzi artigiani o associazioni industriali, e troveremo un moltiplicatore dello sviluppo che può coinvolgere migliaia di persone con decine di progetti. Progetti piccoli, meno invitanti per la corruzione locale, gestiti da realtà più snelle ma capaci di realizzare iniziative concrete, visibili e quantificabili. In breve, entrare nelle periferie e nei Paesi d’Africa con strumenti che siano dei «modelli di riferimento» in mercati diversi tra loro, ma nella stessa condizione di necessità di sviluppo reale. Usufruire in questo contesto delle realtà già esistenti in Africa è certamente consigliabile, per evitare soprattutto di mancare il target dei fruitori di questo ciclo produttivo che, nel tempo, genererà un impiego spontaneo di altri lavoratori. Questi potranno diventare l’ossatura della forza produttiva dei giovani che fra 10 anni avranno famiglia e che, quindi, con un mestiere, con una professione nuova, potranno mantenere le proprie famiglie, nel rispetto delle esigenze umane, quindi cristiane.
D. Le Camere di Commercio potrebbero contribuire a tali iniziative?
R. Se ogni Camera di Commercio italiana decidesse di esportare in Africa una tecnologia secondo quanto precedentemente espresso, ci sarebbero cento unità produttive da trasferire in altrettante località in Africa e, con il coinvolgimento delle Ambasciate e delle Nunziature Apostoliche in quei Paesi, si potrebbero avviare pratiche di snellimento procedurale per rendere meno difficile indirizzare l’enorme solidarietà presente non solo nelle famiglie italiane, ma anche nel mondo imprenditoriale e sociale. Tutto ciò non è impossibile, ma occorre che diventi un quadro di riferimento, un regolamento e, in prospettiva, una legge con il riconoscimento di benefici per i promotori, anche se solo in termini fiscali.

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Gli interventi dell’Associazione

Iniziative assistenziali anche e soprattutto promozioni e formazione della capacità produttive locali.

L’ Associazione Banca dei Progetti, presieduta dal cardinale Ersilio Tonini raccoglie i contributi destinati alla realizzazione di programmi di formazione dei popoli africani e provvede alla loro attuazione attraverso l'effettiva adozione dei singoli progetti. Le iniziative dell'Associazione, in atto o in cantiere, sono molteplici. Innanzitutto ben trecento «case per il Burundi» sono state costruite e in larga parte assegnate alle madri con figli a carico e alle vedove delle vittime della guerra civile fra le due etnie Hutu e Tutzi; i cantieri sono ancora in fervida attività per altre centinaia di case, pur se limitati dagli aumenti dei costi. La loro direzione è affidata ai missionari saveriani di Parma i quali hanno provveduto, fra l'altro, alla creazione di scuole di formazione per muratori, falegnami, carpentieri, e alla costruzione nel centro di Kamenge, quartiere interamente distrutto, di un dispensario medico per le assistenze più urgenti.

Altra importante iniziativa dell'Associazione è costituita dall'Ospedale di Wolisso - il Saint Luke Catholic Hospital-, realizzato grazie alla competenza e alla tenacia del nunzio apostolico monsignor Silvano Tomasi, e finanziato in gran parte dalla Sisal, dal San Paolo Imi e dalle Poste Italiane; in esso viene svolta attività ospedali era prevalentemente pediatrica, che permette ogni anno ad oltre sessanta infermieri di ottenere il diploma.

Le iniziative assistenziali in Africa non possono non essere affiancate da un intervento più efficace e lungimirante, diretto alla realizzazione di due obiettivi fondamentali: la promozione dell' attività produttiva della popolazione africana, attuabile attraverso lo sviluppo e il potenziamento delle capacità imprenditoriali locali con il contributo di associazioni di imprese italiane, di aziende di produzione e di fondazioni bancarie; e l'elevazione della cultura universi­taria africana attraverso il sostegno degli sforzi delle nuove libere università che stanno sorgendo in vari Paesi africani.

Adottare un progetto per far «crescere» l'Africa, infatti, significa da una parte dare l'opportunità ai lavoratori africani coinvolti di soddisfare le proprie esigenze vitali, dall' altra fornire loro un bagaglio culturale altrimenti assente, che li renda autonomi anche al venir meno degli interventi formativi ed economici di sostegno. Sull'Italia, in quanto Paese confinante con il continente africano, grava una responsabilità mag­giore nell' esperimento di azioni di solidarietà.

Oltre diciotto Ordini religiosi, duecento sessanta iniziative laiche, cinquanta Ambasciate e Consolati, venticinque Nunziature apostoliche e migliaia di imprese italiane dislocate in Africa impegnano il sistema produttivo italiano a coordinare meglio le risorse per i giovani africani, possibilmente in linea con le indicazioni del direttore generale della Banca Mondiale, e quindi dirette a ridurre le dimensioni degli investimenti moltiplicando il numero degli stessi. Il portale della Banca dei Progetti vuole invece essere uno stru­mento di ausilio per persone, aziende o istituzioni che vogliano realiz­zare un'iniziativa nel continente africano.

   
  Febbraio 2004
Pag. 46-47